27 giu 2011
Ongoing protests for democracy and free media in Macedonia - European Journalism Centre
My article on European Journalism Centre about protests in Macedonia after the death of Martin Neshkoski. Ongoing protests for democracy and free media in Macedonia - European Journalism Centre
8 giu 2011
Referendum in Italy, is Berlusconi losing again? (Text) - Youthmedia Europe
Referendum in Italy, is Berlusconi losing again? (Text) - Youthmedia Europe
an article on upcoming referendum in Italy, by italian journalist Francesco Conte. Originally published by European Journalism Centre magazine.
an article on upcoming referendum in Italy, by italian journalist Francesco Conte. Originally published by European Journalism Centre magazine.
2 giu 2011
LA MORTE DI BIN LADEN (lacrime di coccodrillo)
È sempre una notizia quando un ricco muore, tanto che i giornali hanno già la biografia pronta dei notabili del villaggio (globale), ma stavolta il nome in questione ha forse preso alla sprovvista pure gli stakanovisti di wikipedia. Osama Bin Laden deve la sua fama alla famiglia da cui proviene ma di certo ha avuto modo di distinguersi in vita per una certa scellerata originalità che l’ha portato a essere il nemico numero 1 degli Stati Uniti e causa della “guerra al terrore” degli ultimi 10 anni. Di origine sunnita, la famiglia Bin Laden è riuscita a mimetizzarsi nel grigio mondo degli affari cui anche il colonnello Gheddafi – suo acerrimo nemico - appartiene. Come un novello Saladino, Osama ha voluto difendere l’Islam dall’affronto degli infedeli invasori, ma invece che i Templari, stavolta c’era da attaccare prima i traditori in terra araba e poi tutti indistintamente in nome del terrorismo internazionale e della sua “Gerusalemme liberata”. Bin Laden ha dichiarato guerra a un certo Islam in nome del vero Islam, ma ha anche combattuto contro il grande mostro americano dal suo interno, con il potere dei soldi e l’immunità del milionario. Al Dio di tutti americano, Osama ha opposto l’Allah dei “veri” musulmani, incitando alla rivolta i mullah e gli imam di mezzo mondo, in vista di un Islam d’avanguardia con il quale annientare il collaborazionismo arabo con gli occidentali.Strano che Bin Laden scompaia proprio all’indomani delle grandi rivolte arabe in cui spesso il fantasma di Al Qaeda viene evocato. E mentre cadevano prima Mubarak e poi (forse) Gheddafi, Osama stava pensando a una nuova offensiva in terra d’Africa a suon di jihad e capitale. Con il business infatti, il clan Bin Laden ha armato Al Qaeda da una parte e iniziative filantropiche come la Benevolence International Foundation da un’altra, creata per mano di suo cognato Mohammed Kalifa, di Gedda. Come nell’araldica medievale europea, ogni signore della dinastia Bin Laden ha la sua provenienza nel cognome che porta, ma se Riccardo Cuor di Leone volle Gerusalemme cristiana (e non vi riuscì), Osama Bin Laden portò la guerra in bocca al paese più grande del mondo. Gli Usa, che da allora non poterono fare a meno di attaccare, fino a quando un presidente nero, di nome Barack Hussein Obama, invece di esibire con orgoglio la foto trionfale della morte del nemico, preferì mostrare un vecchio con la barba tinta di nero. Così si conclude “Morte a Abbottabad”, dove pure il nome del paese ha il segno del nemico, il capitano inglese James Abbott, che lì partecipò all’accordo coloniale tra russi e britannici per spartirsi Tibet, Afghanistan e Persia.
26 mag 2011
10 mag 2011
GLI ARABI E L'ISLAM, DI FEDERICO ARBORIO MELLA
Se uno dovesse dar retta alle teorie post 11 settembre, ad Al Qaeda da una parte e allo scontro delle civilizzazioni dall’altra, dovremmo probabilmente dimenticare capolavori come Battaglia ad Algeri, di Gillo Pontecorvo, oppure relegare alle cassetto delle buone intenzione un libro come “Gli Arabi e l’Islam”, di Federico Arborio Mella. Pubblicato da Mursia nel 1981, “Gli Arabi e l’Islam” è un piccolo capolavoro che ripercorre 1000 anni di storia con la sapiente passione di uno storico antico. Da Maometto ai Mongoli, passando per Romani, Persiani, Berberi, Normanni e Visigoti, il libro di Arborio Mella è un compendio prezioso per chiunque voglia capire l’anima araba, ma soprattutto l’arrivo della civilizzazione sotto forma di Islam. Baghdad, Cairo, Palmira, Kabul, Bukhara, Damasco, Gerusalemme o San Giovanni d’Acri, innumerevoli sono i luoghi ricordati lungo la narrazione, che dalle prime dinastie di Medina e Mecca arriva fino all’invasione di Gengis Khan e al suo breve e anomalo sultanato che non s’occupò mai di religione.
Gli Arabi e l’Islam però tiene fede al suo titolo dando ampia importanza ai personaggi musulmani che più caratterizzano la storia araba e le sue molteplici declinazioni. Dall’imam nascosto della tradizione sciita fino a Saladino, la storia d’Islam è fitta di intrighi e vicende poco conosciute come quelle della setta degli Assassini, dall’arabo “hashashiyun”, “coloro che assumono l’hashish”, il cui maggior colpo terroristico ante litteram fu niente meno che l’uccisione del visir persiano Nizam al-Mulk, tutore del sultano Malikshah nonché autore di un celebre trattato sull’arte e la scienza di governare e fondatore di università di scienze politiche e teologiche, di cui la più celebre quella di Baghdad, nel 1067, ben prima delle università europee.
Alla luce degli avvenimenti odierni, il libro di Mella è utile per una migliore comprensione della complessità dietro al termine “religione”. Sunniti, Sciiti, ma anche decine di staterelli, sette e predicatori videro la luce in terra d’Islam, mai del tutto cementata dalla religione comune, soprattutto in base alla dominanza dell’etnia araba su quelle africane o asiatiche. Sin dai tempi di Maometto inoltre, i vicini che gli arabi avrebbero dovuto affrontare con sempre maggiore difficoltà erano i cristiani da una parte, eredi dell’impero romano, e i persiani dall’altra, poi accomunati sotto il nome di Allah, con l’esclusione degli ebrei che per secoli saranno una presenza sui generisin tutta la penisola arabica. Se la religione non poteva accomunare tutti i popoli di territori tanto vasti, doveva farlo la politica, in una difficile sintesi tra mondo iranico e arabo, tanto che la stessa capitale dell’impero si spostò con le sue dinastie più influenti: dalla Medina di Maometto alla Mecca dei Quraysh, l’Islam nacque come religione nomade e “imperialistica”, che voleva portare ordine tra le agguerrite tribù di Arabia e Medio Oriente. Se la Mecca rimase sempre la capitale spirituale, il centro politico si trovò presto a Baghdad, e da lì passò in Egitto prima e infine addirittura in Spagna. La distinzione tra potere politico e religioso si gioca insomma su un filo sottile e tagliente, dove il carisma personale va di pari passo con la fortuna degli eventi. È il caso di Gia’far, brillante capo della Baghdad dei primi anni del nono secolo fino alla sua caduta in disgrazia e decapitazione, che lo rese leggendario in una novella delle Mille e una Notte.
È un mondo antico quello che racconta Mella, ma che dimostra la sorprendente ampia superiorità culturale del primo mondo islamico sul tardo medioevo europeo alla luce di personalità straordinarie come Al Ghazzali o Avicenna. Medici, chimici, grammatici, cantori e ovviamente poeti resero le capitali della Mesopotamia e dell’Egitto il centro più avanzato del mondo conosciuto, fino all’incontro (per corrispondenza) simbolo dell’epoca, tra il califfo Harun ar-Rashid e il re cristiano Carlo Magno, erudito e raffinato il primo, prode soldato, ma analfabeta il secondo.
Per gli italiani poi il libro assume un significato speciale anche per la presenza di un interessante – e inevitabile – excursus sulla Sicilia. Sarà infine Federico II, che proprio in Sicilia aveva imparato a rispettare l’Islam, a trovare, secoli dopo, uno speciale accordo sulla visita dei pellegrini cristiani a Gerusalemme, prima di una nuova ricaduta nelle ostilità tra Europa e Arabia. Particolarmente gustosi sono a questo riguardo i capitoli che riguardano le crociate, dalla prima, una vera e propria emigrazione in massa da parte dei più poveri e derelitti su indicazione della chiesa di Roma, fino alle crociate di nobili e notabili europei: Normanni, Franchi, Templari, fino a un altro incontro che avrebbe lasciato il segno, quello tra Saladino e Riccardo Cuor di Leone, che riuscì a vincere sul primo per poi accapigliarsi con Austriaci e Tedeschi. È un’altra però la nazionalità che desta più curiosità, quella dei Turchi, nemici dell’Islam prima in quanto Impero romano d’Oriente, e poi lentamente assimilati, ma non del tutto. Sono di origine turca persino gli Uighur, l’unica popolazione musulmana di Cina, e pur essendo periferici al califfato, i Turchi ebbero modo di prendere il controllo politico grazie alla loro fama come corpo militare. E se questo non bastasse a invogliare a leggere questo testo, provate a immaginare i primi discendenti di una casa reale europea, figli del visigoto Roderico di Spagna, deportati al cospetto del califfo di Baghdad, che non aveva mai visto prima d’ora degli uomini biondi.
6 mag 2011
MUSSOLINI NEGLI OCCHI DEGLI SCRITTORI AMERICANI
"Mussolini ha occhi neri e una guardia del corpo e tiene appesa al muro, alle sue spalle, una sua fotografia presa mentre legge un libro alla rovescia" (E. Hemingway, 1923)
"Chi si lascia impressionare dalla pseudo-attività del paese sotto Mussolini, è tratto in inganno dall'ultimo sussulto di quello che è ormai un cadavere" (S. Fitzgerald)
"L'uomo che tiene le armi in pugno ha il mondo ai suoi piedi. Ecco perchè, sebbene io provi disprezzo per il suo programma, preferisco mille volte Mussolini a tutto l'impero britannico" (H. Miller, 1937)
"Il fascismo è una specie di Ku Klux Klan, ma più efficiente" (Sinclair Lewis, 1923)
citazioni tratte da pag. 323 e seguenti, John Diggins, "L'America Mussolini e il fascismo", Laterza 1982
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27 apr 2011
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