26 ott 2007

IL RICORDO PRESENTE






Ero fuori dal complesso bianco – “Paradiso”:
casette eleganti, luccicanti sulla piscina celeste.
A sinistra, coperto dagli alberi
Un paludoso ruscello – può un ruscello essere paludoso, non scorrere?







No, non era un ruscello. Era marrone, c’era un uccello bianco
Che spuntava al fianco sinistro, tra grossi ciuffi di verde.
Io stavo sulla bagnarola che portava dall’altra parte, alla spiaggia di Barra da Tijuca)


In un momento solo però
Un profumo ha spazzato il mio spirito,
l’ha riempito di denso sentire
presente una cosa davvero passata.
Quella che sognando chiamiamo "déjà vu".






Cosa ho sentito?
Un odore di fiore, di verde, di cortile, di monastero, di chiesa,
di giardino conchiuso, di casa colonica abbandonata (ma non dal giardiniere)…
questo semplice profumo di orto pulito
mi ha portato in Italia, da piccolo
altrove. Nella villa di Morcone (villa laggiù significa parco)
vicino alla fontanella nell’ombra
- quando ero sudato lì sentivo freddo.
Un solo istante di odore, e già la madeleine di Proust appare.
Una cosa presente
Perché presente di dentro.


Pictures By Rossinabook (http://www.flickr.com/photos/rossinabook)

24 ott 2007

LA ROMANZATA


Già è difficile dirsi innamorati, fare qualcosa per lei invece che per me stesso. Far coincidere lei e me nel mio voler fare del bene. E a volte questo significa rinunciare alla presenza, all'amore che cresce. A volte amare significa rinunciare ad averla, rimandare la presa, perché non è conquistando che si può amare davvero. Un conquistatore è temuto, desiderato, invidiato magari, mai amato.
L'amore del conquistatore non è lei, ma il conquistare. Questo sa bene il fidanzato di lei, che la avverte del fatto che il conquistatore abbandona dopo aver lusingato.
"Lui è uno scrittore, tu sei il suo materiale", le dice a denti stretti.
"Tutto è mio materiale, tutto è fonte di ispirazione, ma l'ispirazione non si cerca, arriva inaspettata", proclama con rammaricata ingenuità il conquistatore.
Ha troppo letto di come si conquista, sa bene come si è conquistati da chi dimostra di volere con forza. La tecnica del conquistare gli appartiene. (La necessità dell'essere abbandonato da chi lo capisce e si sente usato gli cade addosso come un machete, poiché neppure lui è consapevole di usare).
Tante volte ha conquistato per poi abbandonare, abbandonarsi ad altro, costringere l'altro ad abbandonarlo. Ancora più volte egli ha conquistato senza mai avere. Donne che gli hanno fatto promesse che lui non può mantenere. Il conquistatore riesce a donare solo la passione del suo volere, dona il suo ricordo, si sacrifica per la gloria dell'essere amato.
Ma non ama altra che se stesso, la sua capacità di ingannare, di ingannare se stesso, convinto di poter essere altro da ciò che già è. Così crede nel progresso, crede di potersi davvero innamorare, di una donna e di un luogo, di una vita sola, reale, abbandonando una volta per tutte la bramosia del conquistare.

Il conquistatore è innanzitutto un innamorato, qualcuno che sa volere, ma non sa cosa vuole. Egli rimanda il momento in cui fermarsi, lusinga e poi si nasconde. La chiama scienza. Per lui amare è mostrarsi e poi scappare, perché ha paura di restare, di non stupire. Il conquistatore è terrorizzato dal poter essere previsto, perché non è strategia che lo spinge, ma impulso. Ma quando l'impulso non cresce e si fossilizza, egli diventa prevedibile e vecchio, patetico e insistente.
Il conquistatore è un invidioso, capriccioso solitario che odia chi si accontenta.
Ma allora, perché parlare di lui?
Chi parlerà di lui?
Chi si lascerà affascinare ne serba un duraturo ricordo, lo ringrazia pure per essersi sentito speciale. Chi viene conquistato si sente speciale, desiderato.
In questo il conquistatore è generoso: si lascia amare, e ricorda in silenzio i visi che ha abbandonato. Ma lui vuole di più, e preme affinché altri visi si commuovano al suo ricordo.
Egli vuole abbandonare perché questa è la garanzia di poter continuare ad essere desiderato.
Poi col sorriso e lo scalpo in mano, si innamora, e vuole, vuole, vuole credere che tutto questo sia reale. Vuole per una volta adagiarsi, farsi apprezzare nella sua timida solitudine. Vuole abbandonare conquiste e voluttà, sente che per una volta gli altri andranno da lui, e così non dovrà andare più in strada a cercare qualcuno da stupire.

Ma il conquistatore quando è solo medita in silenzio di conquistare, senza far nulla. Se non ci sono gli altri ad ammirarlo, lui non riesce a parlare, e sorride prendendo in giro le coppie, le chiacchiere a vuoto, perché tutto questo non conquista nulla.
Lui vuole amare solo ciò che non riesce a conquistare. L'amore inappagato? Il paradosso costante?
Egli sa solo che vuole cambiare, abbandonarsi alla conquista, eppure sogna ogni volta una casa, uno sguardo amico, un silenzio che neanche desidera, perché la parola è il suo materiale.
E chi davvero può amarlo spera di non rivederlo, perché amare un conquistatore è essere abbandonate nel proprio amore.
Colei che lui ama allora non vuole dirgli nulla, perché sa che questo è il suo alimento per volere di più. Il conquistatore non sa ascoltare in silenzio, senza volere di più.
E la parola amore è per lui terreno straniero, se non lo può avere, vuol vederlo bruciare sotto il sole d'estate

WELCOME HOME



One day home

Sometimes you need not be personal. But life carries time as a grown up nanny, we’re forced to deal with it. This is what I call destiny: a way that makes things unavoidable. Choosing, loving, hating even revolve around us, as we pick them. The closer choices, the closer people, both to love and hate; all there is around us is our destiny.
Talking about language, with language. Isn’t this just a bit too much? How can one think truth attainable if what we have left is only language? Thought, they say, connect you to the other. But the other is more, it reaches deep within. As wound still open under the scar of mind and body. We get used to everything. Except than that floating feeling of universe existing. But language tricks us fast. Uni-verse instead of multiply, one way instead of the endless circle. Images can save us, make the bitter sweet. And memory supplies an identity for us. Blue is blue (...and also sad), green is green (but also nature...); dark and light combine themselves to keep us entertained. Do not get this as a lack of freedom.
Destiny, that is whispered aloud, destiny is the field where all our thoughts are visible. Destiny is the light on our actions, it’s the way we do things, what we’re good at. But yet to us it means that we are not free. Now, that makes me restless. What means something, also means something else. A shell cannot be broken without its pieces falling off. Language without a mirror, words without an opposite are nothing but...
How can I define what’s left of us? We have to disappear gently, and understanding will rise up. And down again. Then we are capable of thinking. Yes, I lost my track. I’m sure you will forgive me, if I laugh about it.
Let it be so then. Let us for one moment be able to forgive and cry at the same time. Because being strong is not carrying too much weight. Moving ahead is our portion of freedom. That’s way enough for us.