14 dic 2007

TUTTO D'UN PEZZO - D'UN FIATO - D'UN TRATTO.

"I song' sìì, e song' io oooh".
"Tutta colpa mia, sempre colpa mia".

Può sembrare un refrain d'altri tempi, solo un vecchio potrebbe dirlo ancora. Ma di dove?

Mio nonno si chiamava Ferruccio, Ferruccio Conte. E' morto tre giorni fa, tre anni dopo sua moglie, Giocondina.
Mia nonna aveva le guance soffici, bianche e cadenti, morbide come panini al latte.
Un profumo accogliente in quel corpicino ormai assente.
"Io mi facevo da Benevento a Fragneto di corsa, quand'ero giovane!"
A Fragneto abitava mia nonna, e sua madre Maria.
Di nonna Maria, nonna di mio padre e bisnonna mia,
ricordo la casa spoglia in mezzo al campo.
La tavola triste, noi tutti insieme.

Noi chi?
Noi, questa pasta comune che chiamiamo famiglia.
A Benevento ormai non c'è più nessuno. L'altro mio nonno, Igino, abita con i parenti a Sant'Agata de' Goti.

L'altro giorno guardavo la cartina della Campania e con stupore ho appreso quanti nomi mi erano familiari laggiù...ma solo nella provincia di Benevento!
Era l'Italia dove già la provincia era tanto. Ad Ancona, la mia città, la provincia non c'è neppure ora, troppo efficace è la concorrenza delle colline. Le colline dividono, e rendono piccolo centro ogni periferia.
Son troppe queste parole?
Ma quante altre se ne potrebbero dire nel tempo che ci porta a Morcone, nell'Appennino di dinosauri e sanniti.
E che nomi gli antichi signori di Maleventum...nome forse più appropriato, tedesco.
E Germani erano quegli uomini stanchi di tanto sole. Sarà meglio stare lì nella valle, sotto al monte Volturno.
Chissà chi viene da dove...eppure tutto rimane.
Rimane nel sangue, nelle parole che si conoscono.

--------------Ah, Dott. Divago, resista alla tentazione di voler dire tutto!

E così Dottor Divago riprese a leggere di come
un manipolo di uomini in camicia rossa su per i monti
andavan alla riscossa.
"Tutto torna", pensa in silenzio. "Ogni uomo, ogni singolo uomo conta qualcosa."

Ancora non riesco a pensare che tutto questo sia finito. Che quella terra che era loro sia per me irraggiungibile ora. Forse sono contadino nell'anima, ferroviere, parroco, attore...
Come dire...non so dove iniziare, e ormai ho già concluso.

Ferruccio Conte, classe 1919, buon conoscitore della lingua inglese, discreto conoscitore di quella francese, ci ha lasciato con una speranza.
Oggi Francesca Maria - madre del libro comune - per "caso" ha conosciuto una collega all'università di Oxford...Prozzillo si chiama. L'unico nome di cui parlava mio nonno, un parente, un amico.
Mio nonno era solo, un vecchio autoritario scontento, ma almeno un amico ce l'ha avuto.

13 dic 2007

TAG WORDS

Tu aspetti
e vuoi che della tua presenza si veda il motivo.
Attendere, la scusa di sempre.
E poi l'amica che viene e ti bacia -
Ferme nel centro di una piazzia parcheggio,
le mani nelle tasche di dietro.

Quanto ti pesa il culo ormai troppo grande
per essere ancora
giovane.

Il luogo è lo stesso dei ragazzi e le coppie,
gli amici in circolo e le barzellette.

Ma dove vai, se attendere non sai?

1 dic 2007

REMO CONTRO ROMA

A Roma salutavo gli amici. Dove vai? Vado in Perù. Ma che sei matto? Me ne andavo da quella Roma puttanona, borghese, fascistoide, da quella Roma del "volemose bene e annamo avanti", da quella Roma delle pizzerie, delle latterie, dei "Sali e Tabacchi", degli "Erbaggi e Frutta", quella Roma dei castagnacci, dei maritozzi con la panna, senza panna, dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini, delle mosciarelle... Me ne andavo da quella Roma dei pizzicaroli, dei portieri, dei casini, delle approssimazioni, degli imbrogli, degli appuntamenti ai quali non si arriva mai puntuali, dei pagamenti che non vengono effettuati, quella Roma degli uffici postali e dell’anagrafe, quella Roma dei funzionari dei ministeri, degli impiegati, dei bancari, quella Roma dove le domande erano sempre già chiuse, dove ci voleva una raccomandazione... Me ne andavo da quella Roma dei pisciatoi, dei vespasiani, delle fontanelle, degli ex-voto, della Circolare Destra, della Circolare Sinistra, del Vaticano, delle mille chiese, delle cattedrali fuori le mura, dentro le mura, quella Roma delle suore, dei frati, dei preti, dei gatti... Me ne andavo da quella Roma degli attici con la vista, la Roma di piazza Bologna, dei Parioli, di via Veneto, di via Gregoriana, quella dannunziana, quella barocca, quella eterna, quella imperiale, quella vecchia, quella stravecchia, quella turistica, quella di giorno, quella di notte, quella dell’orchestrina a piazza Esedra, la Roma fascista di Piacentini... Me ne andavo da quella Roma che ci invidiano tutti, la Roma caput mundi, del Colosseo, dei Fori Imperiali, di Piazza Venezia, dell’Altare della Patria, dell'Università di Roma, quella Roma sempre con il sole – estate e inverno – quella Roma che è meglio di Milano... Me ne andavo da quella Roma dove la gente pisciava per le strade, quella Roma fetente, impiegatizia, dei mezzi litri, della coda alla vaccinara, quella Roma dei ricchi bottegai: quella Roma dei Gucci, dei Ianetti, dei Ventrella, dei Bulgari, dei Schostal, delle Sorelle Adamoli, di Carmignani, di Avenia, quella Roma dove non c’è lavoro, dove non c’è una lira, quella Roma del "core de Roma"... Me ne andavo da quella Roma del Monte di Pietà, della Banca Commerciale Italiana, di Campo de’ Fiori, di piazza Navona, di piazza Farnese, quella Roma dei "che c’hai una sigaretta?", "imprestami cento lire", quella Roma del Coni, del Concorso Ippico, quella Roma del Foro che portava e porta ancora il nome di Mussolini, Me ne andavo da quella Roma di merda! Mamma Roma: Addio!

Remo Remotti

Foto da http://www.flickr.com/photos/stefanone/